Il Welfare Aziendale è quell’insieme di misure che viene messo in atto da un’azienda al fine di premiare i dipendenti “migliori” migliorandone la qualità della vita.
Perché non premiarli pagandogli gli interessi sul mutuo con il Welfare Aziendale?
Oggi la tua azienda può pagare una parte degli interessi sul mutuo del tuo dipendente… il tutto esentasse e senza contributi.
Se ti può sembrare un azzardo, in realtà è una delle richieste che i lavoratori presentano per la maggiore. Molti dipendenti chiedono all’azienda di pagare gli interessi sul mutuo.
Si parla del fatto che la tua azienda possa farsi carico degli interessi passivi su un mutuo (o anche se un prestito personale) del lavoratore dipendente verso un istituto di credito.
Trattasi di un rimborso, non di un pagamento diretto: il lavoratore sarà tenuto a onorare i propri debiti con il suo creditore per poi recuperare una parte di quanto versato grazie al Welfare Aziendale. Il mutuo in questione deve essere finalizzato all’acquisto (o alla ristrutturazione) della prima o della seconda casa, oppure all’acquisto di un veicolo… ecc.
La questione non è così semplice e ti consiglio di prevedere questa possibilità nel piano di Welfare Aziendale della tua azienda solo quando i lavoratori hanno somme a disposizione già di una certa importanza.
Perché?
Per il semplice fatto che la gestione di questa voce di Welfare Aziendale non è così semplice.
L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 46/E del 28 maggio 2010 risponde ad un quesito riguardante proprio questo tema.
L’azienda voleva offrire ai propri dipendenti un sostegno per prestiti personali che i dipendenti assumevano con Istituti di Credito di loro scelta e contribuirebbero in misura percentuale all’abbattimento del tasso di interesse relativo al finanziamento stipulato dagli stessi.
L’azienda proponeva la seguente procedura:
1. Il dipendente – in possesso dei requisiti per la concessione del contributo aziendale – presenta la relativa richiesta, allegando lo schema del contratto di mutuo predisposto dall’istituto di credito prescelto nonché il “preventivo di mutuo” recante i dati necessari per la predisposizione del piano di rimborso;
2. L’azienda comunica al dipendente l’accoglimento della richiesta e invia all’istituto di credito mutuante l’informativa attinente all’erogazione del contributo medesimo, impegnandosi, altresì, a comunicare l’eventuale revoca del beneficio;
3. Successivamente alla stipula del contratto di mutuo, il dipendente consegna all’azienda il piano di ammortamento definitivo – che, in ogni caso, non può essere difforme da quello già autorizzato – nonché i riferimenti del conto corrente indicato nella disposizione permanente di addebito del mutuo rilasciata all’istituto di credito mutuante;
4. L’azienda provvede ad accreditare il contributo tramite bonifico sul conto corrente su cui avviene la disposizione permanente di addebito del mutuo, con data valuta di accredito del contributo coincidente con quella di addebito della rata del mutuo da parte della banca, secondo il piano di ammortamento;
5. Entro il 31 gennaio, ovvero alla data di cessazione dal servizio, il dipendente fornisce all’azienda la certificazione bancaria dell’avvenuto pagamento delle rate di mutuo in scadenza nell’anno precedente.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate è piuttosto articolata. Te la riassumo in poche parole.
La soluzione proposta dall’azienda può rientrare tra i prestiti a cui si applica il comma 4, lettera b) dell’art. 51 del TUIR, ovvero ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, quest’ultima disposizione stabilisce che “in caso di concessione di prestiti (da parte del datore di lavoro ai propri dipendenti) si assume il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi [… ]”.
In poche parole l’Agenzia delle Entrate ci dice che come azienda non puoi pagare tutti gli interessi del dipendente, ma solo una parte.
Per quali ragioni?
La procedura che ti ho indicato all’inizio realizza un collegamento immediato ed univoco tra l’erogazione aziendale e il pagamento degli interessi, in modo che l’importo pagato dall’azienda non possa entrare nella disponibilità diretta del dipendente.
Ulteriore ragione consiste nel rapporto intercorrente tra azienda e istituto di credito, che fa sì che l’azienda non sia estranea al finanziamento.
Perché sono importanti queste ragioni?
Perché il nostro obiettivo è che la somma non sia considerata reddito e quindi imponibile fiscale e contributivo, con un aumento del costo del lavoro!
Spero di non averti fatto venire il mal di testa!
Il mio interesse con questo blog è di rendere semplici e spiegarti in modo pratico i vantaggi del Welfare Aziendale e come poterlo utilizzare nella tua azienda.
Il tema che ho trattato oggi posso capire che non sia stato semplice, ma era importante che te ne parlassi.
Il mio augurio è che sia riuscito ad essere sufficientemente chiaro.
Come sempre, rimango disponibile ad ulteriori chiarimenti. Per questo sentiti libero di contattarmi attraverso la mia pagina contatti!
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4 comments On Welfare Aziendale è…anche pagare il mutuo ai propri dipendenti.
Salve, in azienda da noi abbiamo il piano Welfare con un budget da usare a vari scopi, tra cuiil “rimborso per gli interessi passivi del mutuo”.
Questo rimborso va a scontrarsi in qualche modo con le detrazioni IRPEF al 19% ?
Se si, è possibile farsi detrarre prima dall’IRPEF la quota al 19% e poi togliere questa quota dal budget del welfare per poterlo usare in altro modo?
Mi spiego meglio, ammettendo di avere un budget welfare di 500€ e interessi passivi in un anno per 600€, se chiedo la detrazione IRPEF sui 600€ ottengo 114€ di detrazione, che tolgo dall’importo rimborsabile dal welfare, quindi rimborserei solo 486€, restando con un budget di 14€ da poter usare per altro.
Grazie
Il rimborso degli interessi passivi nel Welfare Aziendale si scontrano con le detrazioni IRPEF al 19%. O uno o l’altro. Se ha altre spese, meglio farle transitare nel Welfare e lasciare gli interessi passivi nell’IRPEF.
Buonasera Riccardo,
il CAAF mi ha invece detto che rimborso welfare e detrazione IRPEF non si scontrano.
Tra l’altro con una tesi debole “non c’è comunicazione tra le due banche dati”.
A differenza di quanto accade con le visite mediche rimborsate, quelle sì mi ha detto che NON posso portarle in detrazione.
Mi sembrano due logiche in contrasto.
Grazie
Buongiorno Luca,
quindi la tesi del CAAF é: porta in detrazione, tanto non se ne accorge nessuno?
Non mi sembra una risposta corretta.