Il Buono Pasto o Ticket Restaurant, come vuoi chiamarlo è tornato di interesse nel 2021 a causa della pandemia.
È un tema che ho già affrontato prima all’interno del mio blog:
Tutto parte dalla pandemia di COVID-19 e dalla necessità di organizzare l’attività lavorativa dei nostri collaboratori in Smart Working.
La prima questione fu subito chiara: ai lavoratori in Smart Working spetta il buono pasto?
La domanda colpì per primo il settore pubblico.
I dipendenti del Comune di Venezia hanno citato l’Amminstrazione comunale perché non riconosceva ai dipendenti che lavoravano da casa il ticket restaurant.
Una vicenda che ho già commentato su Tuttowelfare.info, puoi leggere il mio intervento a questo link.
Anche gli imprenditori privati si sono posti il problema.
Infatti l’articolo 20, comma 1 della L. n. 81/2017 afferma che “il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”.
In realtà il principio di non discriminazione a cui fa riferimento la norma che regola lo Smart Working fa riferimento al trattamento economico non quello globale, risultante da policies, regolamenti e prassi aziendali, ma solo a quello radicato in applicazione dei contratti collettivi, siano essi di natura nazionale, territoriale o aziendale.
Quindi il buono pasto ai lavoratori in Smart Working non è dovuto se non previsto espressamente dal CCNL che applichi nella tua azienda.
Vi è da aggiungere, però, che molti imprenditori, anche al fine di dare un aiuto ai propri dipendenti ha continuato ad erogare il buono pasto anche a coloro che erano in Smart Working.
Questo senza che alcun obbligo contrattuale o di regolamento aziendale glielo imponesse.
Il problema è importante non soltanto per le necessità organizzative attuali dovute all’emergenza sanitaria, bensì alle possibilità di organizzare l’azienda
L’Interpello dell’agenzia delle entrate n. 956-2631/2020 ci viene in aiuto.
Infatti l’Agenzia, facendo riferimento alla L 68 del 2005, afferma che i “buoni pasto sono utilizzati, durante la giornata lavorativa anche se domenicale o festiva, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempi pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato“.
In poche parole si comuncia a comprendere anche da parte della Pubblica Amministrazione che le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e l’articolazione dell’orario di lavoro sono ormai sempre più flessibili.
Essendo più flessibili il buono pasto non corrisponde necessariamente alla presenza effettiva di una necessità o, peggio, di un obbligo di effettuare un pasto da parte del lavoratore, in modo che ci sia il diritto a questo benefit.
E quindi i buoni pasto riconosciuti ai lavoratori agili non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendenti ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettera c) del TUIR.
Una presa di posizione importante che ci permette di erogare i buoni pasto ai nostri dipendenti:
- In Smart Working
- Part-Time
Ma non solo!
Rende lo strumento del buono pasto ancora più interessante nel 2021.
La realtà è che è uno strumento che sta diventanto, grazie a queste interpretazioni, più interessante, da sfruttare come anticamera per il Welfare aziendale.
Presta attenzione: va introdotto con una regolamentazione precisa in modo che sia ben chiaro che non si tratta di un diritto acquisito e che può diventare difficile da togliere un domani, nell’ipotesi in cui si verificasse la necessità.
Mettere delle regole significa anche ridurre gli abusi e usare questo strumento come un piccolo premio per i tuoi dipendenti.
E con le nuove soglie stiamo parlando di cifre comunque interessanti.